“Non voglio trasferirmi e non potete cacciarmi per questo”: tutto vero, lo dice la LEGGE I È ILLEGITTIMO LICENZIARE: assenza di ‘condizioni necessarie’

Colloquio di lavoro - Fsi.it

Colloquio di lavoro - Fsi.it (Fonte Pexels)

“Non voglio trasferirmi e non potete cacciarmi per questo”: tutto vero, lo dice a chiare lettere la legge. Da oggi è illegittimo il licenziamento. Esatto: in questo caso, infatti, mancano le ‘condizioni necessarie’ e dunque il capo non può obbligarti.

Il licenziamento è, senza dubbio, uno degli eventi più temuti nella vita lavorativa di una persona. È uno strumento previsto dalla legge, lo sappiamo.

E, a volte, necessario per regolare i rapporti tra datore di lavoro e dipendente: ma allo stesso tempo rappresenta una misura dura e dolorosa, che spesso segna un momento di forte difficoltà personale e professionale.

Nessuno vorrebbe trovarsi a fare i conti con una situazione del genere, eppure, in determinate circostanze, la normativa consente – e a volte impone – che si arrivi a questa decisione.

Le cause possono essere molteplici. Esistono ad esempio, i licenziamenti disciplinari, quando il lavoratore commette infrazioni gravi come assenze ingiustificate, comportamenti scorretti o violazioni del contratto.

Non vuoi essere trasferito? Non possono minacciare il licenziamento

Ci sono poi i licenziamenti economici o collettivi, legati a crisi aziendali, ristrutturazioni o riduzioni del personale. In ogni caso, la legge italiana stabilisce che ogni licenziamento debba essere giustificato e motivato, e che al lavoratore debbano essere garantiti diritti e tutele.

In passato, l’idea di perdere il lavoro era quasi un marchio di colpa o di vergogna. Oggi, fortunatamente, la sensibilità sociale è cambiata: si riconosce che spesso dietro un licenziamento non c’è una colpa individuale, ma cause strutturali o scelte aziendali inevitabili. Tuttavia, ciò non toglie che le conseguenze siano pesanti. E per questo che la legge tutela le situazioni molto specifiche.

Caffè a lavoro - Fsi.it
Al lavoro – Fsi.it (Fonte Pexels)

Conseguenze gravi e licenziamento: non possono farlo

Oltre alla perdita dello stipendio, c’è un impatto emotivo notevole: il senso di fallimento, l’incertezza per il futuro, la paura di non riuscire a ricollocarsi nel mondo del lavoro. Proprio per questo, negli ultimi anni sono stati introdotti strumenti di sostegno al reddito, come la NASpI, e politiche attive per il reinserimento, volte a facilitare il rientro nel mercato del lavoro. Allo stesso tempo, le aziende sono chiamate a gestire il licenziamento con trasparenza e rispetto, comunicando chiaramente le ragioni e offrendo, se possibile, percorsi di ricollocamento.

In più, se si palesa un caso come quello del trasferimento in altra sede, e ti rifiuti, questo non necessariamente può portare al licenziamento: non nel caso di beneficiari della legge 104, poiché il rifiuto al trasferimento è scisso da rischi di perdita del posto di lavoro, specie se il nuovo ‘luogo’ non risponde alle ‘condizioni necessarie’ a permetterti di lavorare in modo congruo. Anzi la legge dice che il licenziamento in queste situazioni è da considerarsi illegittimo se non si dimostra che tale trasferimento sia, oltre che indispensabile e senza alternative, anche rispettoso dei principi di sicurezza, dignità e rispetto dei diritti di un titolare dei benefici previsti dalla legge 104.